Ho la fortuna di avere una amica psicologa (una brava psicologa) che recentemente ha creato uno spazio su facebook aperto a chiunque voglia chiedere aiuto. Mi riferisco a "Psico Help", dove ognuno può fare domande in forma anonima e ricevere risposte che potranno essere di aiuto a coloro che per un motivo o per un altro hanno l'esigenza di porre la stessa domanda.
Ne ho approfittato subito e le ho chiesto di scrivere un articolo sulla base di alcune mie richieste strettamente legate agli effetti che il cancro ha avuto su di me e su coloro che mi hanno aiutato: la paura della morte, di non rivedere più le persone amate, la sofferenza delle terapie e la paura delle ricadute, le ansie del follow up, i problemi di coppia e gli effetti della malattia su coloro che ci stanno accanto. Lei non si è fatta pregare, e stamattina mi ha mandato il suo bello e corposo articolo. Lo pubblico senza modifiche perché va letto così: tutto d'un fiato.
Le prime emozioni sono, incertezza, ci si sente spaesati, l’incontro con il medico pronto a darci la sua diagnosi è fatto di preghiere, sudorazioni, tanta speranza che non pronunci quella parola. L’ospedale sembra un luogo sconosciuto e alienante, in quel momento tutto è diverso da come te lo aspetti, ed ecco che il medico ti da la sua diagnosi, è il cancro. Quel maledetto nemico che ci fa tremendamente paura. Non importa dove lo si ha, saperlo di averlo ci rende vulnerabili.
Ora si inizia a pensare a tutto quello che succederà, la prima reazione è di disorientamento “E ora che faccio?come lo dico a..?”
La malattia fa sentire le persone diverse dagli altri, differenza sia fisica che psicologica, il cambiamento arriva all’improvviso. Il passaggio da una persona sana a una malata richiede tempo, comprensione e tanta volontà.
Cambiano le uscite con gli amici, la spensieratezza non c’è più, la presenza fisica c’è, ma quella mentale è cambiata, seppure ci si sforza di non pensarci e di volersi divertire, il pensiero ricade sempre lì, stiamo cambiando, non siamo più gli stessi di prima e man mano ce ne stiamo rendendo conto. Il senso di solitudine, il voler far vedere solo una parte di noi, quella che ci rende più forti, mentre la nostra forza forse è proprio nell’ammettere le nostre paure, nel parlare delle nostre emozioni e far uscire la parte di noi che ha bisogno di essere vista e riconosciuta.
Sta nascendo un processo di cambiamento in base alla situazione, questo processo non è facile e soprattutto non è facile farlo da soli.
La malattia toglie e dà, non ti permette di progettare il futuro, occorre partire dal presente per capire che si può andare avanti e credere in un domani. Bisogna sviluppare la capacità di guardare il futuro, la vita non è solo salute e malattia, ma ha altre facce, un mix di emozioni che ci possono aiutare a vedere le cose con occhi diversi.
Ci si sente vulnerabili e insicuri, diventa difficile comunicare i propri sentimenti ed emozioni, lo si considera un atteggiamento secondario. Raccontare le proprie emozioni, invece, è dare un grande contributo a tutta la terapia, anche a quella medica.
Parlare delle preoccupazioni riguardo il dolore che si può provocare ai familiari, agli amici, ai genitori, ai partner o ai figli, condividere con loro non solo la malattia ma tutto quello che la rappresenta. Ci si sente causa di dolore per i familiari.
Anche il concetto di tempo cambia agli occhi del malato, il valore del tempo è modificato. Si esamina la propria vita, la paura della morte è viva, reale, ce la sentiamo addosso, alcune persone riescono a parlarne spesso altre invece ci girano attorno per evitare l’argomento.
La domanda frequente che ci si pone è “perché proprio a me?”e non essendoci risposta,non saper dare una spiegazione ci fa sentire l’ingiustizia di quello che sta accadendo ancora più forte.
Uno dei rischi di un malato di cancro è rimanere intrappolato nella malattia. Ma come fare per non cadere in questa trappola? Certo non è facile, ma bisogna guardare dentro di noi, avere capacità di autoanalisi, porsi domande e darsi risposte, senza isolarsi, bisogna avere ancora la capacità di mantenere relazioni intime, di capire i propri problemi e affrontarli, partire dal disordine per riordinare gli eventi.
La malattia viene vissuta come una libertà negata,è importante riuscire a dare un significato al dramma e capire che la malattia non colpisce solo te.
Un aiuto psicologico in questo caso potrebbe servire tanto, sia per la famiglia che per chi ha questo disagio.
Uno psicologo non può rispondere alla cura, ma può essere d’aiuto per scoprire nelle emozioni nascoste degli strumenti utili per affrontare tutto il dolore, la si deve vedere come lo strumento di cui il malato si possa servire per attivare le sue risorse, la sua capacità di reagire.
È uno spazio che ci offre la possibilità di parlare delle proprie emozioni, del senso della morte che la si sente sempre addosso, della tristezza, rabbia, paura per sé e per gli altri.
Si agisce sullo spazio che la malattia ha sulla mente guardando la realtà da varie angolature, comprendendo i propri limiti poiché non sempre si riesce a fare tutto da soli.
Le relazioni familiari e la loro presenza sono molto importanti. Anche la famiglia ha bisogno di essere accolta e ascoltata, non è facile pensare alla sofferenza di un proprio caro e aiutarlo se prima non affrontiamo il nostro dolore facendo uscire fuori tutte le paure nascoste.
Davanti a un evento traumatico ognuno ha un modo suo di reagire, affrontando la malattia nel proprio modo. Si prova confusione, disorientamento, si sente che la vita sta cambiando, che si sta cambiando.
L’idea del cancro non abbandona mai, è nel corpo e nella mente, diventa un pensiero fisso che finisce con l’appartenere alla persona. Anche dopo che si è riusciti a sconfiggerlo, lui è lì, nell’angolino, sempre presente nella nostra mente. Quando dopo mesi, anni si fanno i controlli di follow up ci si rende conto che il pensiero non è mai andato via, che è lì, ma dobbiamo controllarlo perché non deve essere lui a vivere la nostra vita.
Spesso si sceglie la via del silenzio per tutelare i propri cari e se stessi. Bisogna urlare il proprio dolore, fare uscire fuori tutto quello che si ha dentro, lasciare la libertà di amarsi, dare spazio alla nuova persona che è uscita fuori da quest’esperienza. La malattia cambia le persone, le fa avvicinare a loro stesse, facendole riflettere su cose per cui non avevano mai pensato. Dare spazio a questo cambiamento e non trascurare la mente nel dolore. Farsi aiutare perché bisogna iniziare a non farsi più domande come “perché proprio a me?” a cui non si può dare risposta, ma chiedersi chi siamo adesso, in cosa la malattia ha migliorato me e i miei cari e iniziare ad affrontare la vita e la malattia con occhi diversi.
Dott.ssa Daniela Ciccarelli
http://www.psicologa-perugia.it
Email: daniciccarelli@hotmail.it
Tel: 3392860568
Studio: via del macello 4 (zona Fontivegge) Perugia
ed in via Luigi Dallapiccola 20 (zona San Sisto) Perigua, presso il centro polispecialistico "Al centro tu"
Trovo banale e di poco aiuto tutta questa cronistoria...meglio andare al canile prendersi un povero cucciolo ...E. ..ricominciare ad amare
Non lo capisco questo commento!!